Aligi Sassu – Prometeo

prometeo
(Il Prometeo di Aligi Sassu)

Promèteo dona il fuoco e la saggezza agli uomini che creano la civiltà, narrata dall’artista, con immagini della storia di Ozieri.
Promèteo, dio-titano dello mitologia, creatore dell’uomo dall’argilla e donatore al genere umano dello saggezza e del fuoco degli dei (per cui fu incatenato do Giove o uno rupe del Caucaso dove un’aquila gli rodevo il fegato di giorno che gli ricresceva di notte) viene qui rappresentato come un genio-protettore ed ispiratore dello evoluzione e dello civiltà umano. In simbolo, Promèteo rappresento pure lo forzo contestatrice dell’ingegno umano che lotto contro il destino, l’oscurantismo e le awersità, senza mai fermarsi.  Il commino dello civiltà umana – simile in ogni paese civile – viene raffigurato dal Sassu con immagini liriche, legate alla storia di Ozieri. Dal centro o sinistro di chi vede e dal centro a destra, dove Promèteo sboccia con il torace vigoroso su due stupendi cavalli verdi rampanti, (Sos Caddos bildes che la leggenda locale vuole abbiano distrutto il villaggio di S. Antioco di Bisarcio da cui i fuggiaschi ingrossarono Ozieri nel medioevo) si diparte l’epopea della città. Sotto i cavalli si levo un uomo primordiale, e, subito, a sinistra, si vede il pastore delle caverne, la portatrice d’acqua e i vasai, col viso acceso dal fuoco fiammeggiante, mentre plasmano l’argilla e preparano nei calchi il metallo da forgiare per armi e oggetti. E chiaro il riferimento al periodo preistorico della zona, ricchissima di insediamenti umani, che nello grotta di S. Michele e del Carmelo hanno lasciato resti artigianali talmente caratteristici da guadagnarsi il nome di «Cultura del S. Michele» di Ozieri. Un lastrone tombale di «Tomba di Giganti» suggella questo periodo, aprendo quello nuragico, del bronzo, su cui incombe un severo guerriero e lo figura solenne della «Dea Madre Mediterranea», cui fa da sfondo un muro ciclopico di nuraghe. Il simbolo della fertilità femminile della «Dea Madre Mediterranea», richiama quello maschile, simbolizzato dalle corna del toro che si aprono rosse alla base di tutta lo composizione. Simbolo presente e celebrato nel culto magico religioso di tutto il mediterraneo antico. Mentre lo parte sinistro è dedicata alla preistoria, lo parte destra della composizione è dedieata alla storia locale. Sull’oscurantismo, l’ignoranza e lo superstizione, rappresentate do un gigante bendato, legato e imbavagliato, si levo lo cultura e lo riscossa sociale, incarnate dalle figure di personaggi raffigurati originalmente. Il magistrato poeto ozierese Francesco Ignazio Mannu, presenta o un «servo della gleba» che l’accoglie a braccia spalanco te, il suo inno sociale sardo «Su patriottu sardu contra sos feudatarios», canfato dai rivoltosi isolani nei moti antifeudali angioini del 1796. Inno detto per lo suo vigoria poetica e contestotiva sociale «La Marsigliese sarda». Sotto al Mannu, che leva la pergamena con la sua poesia, si leva un guerriero in un’armatura blu-squillante che stringe al collo un membruto uomo: è il Cavaliere ozierese Don Leonardo Tola, che, novello Davide, uccise e decapitò, dopo averlo abbattuto con – la soga -, il laccio di cuoio usato dai pastori sardi, un enorme moro che durante l’assedio di Granada (Spagna 1491-92) sfidava i cristiani militanti al seguito di Ferdinando il Caffolico. Ecco poi un magistrato coi paludamenti della sua carica: dovrebbe essere l’ozierese Leonardo Gavino Cocco, (seconda metò del settecento) Giudice della Reale Udienza, Avvocato del Patrimonio Regio e Reggente del Supremo Reale Consiglio della Sardegna, a cui si deve, in buona parte, il riordinamento politico amministrativo dell’Isola, compiuto sotto Amedeo il e Vittorio Emanuele I. Si può pure notare l’ozierese Matteo Maria Madao (1723-1800), poeta in sardo, figlio, autore di un ponderoso vocabolario etimologico sardo e di un’opera intitolata «II ripulimento della lingua sarda», stesa con intenti puristici. Nella severa veste dei Francescani si può invece indovinare l’ozierese Mons. Salvatore Saba (1800-1878), Prefetto del Collegio Internazionale delle Missioni, fu delegata Pontificio nelle Indie Orientali sotto Pio IX, che gli affidò importantissimi incarichi. Veniva chiamato per le sue doti diplomatiche «L’Uomo della Provvidenza». AI vertice della piramide umana, appaiono due glorie della Sardegna; due glorie del lavoro e dell’arte umana: Grazia Deledda e Sebastiano Salta. Una scrittrice e un poeta, che onorarono ed onorano lo Sardegna tutta. In una interpretazione fresca e originale, Grazia Deledda sorride giovanile dall’alto del suo Nobel, dopo aver portato dinanzi agli occhi svagati del mondo «lo sua Sardegna», mentre, Sebastiano Satta, attende ispirato e sognante, l’aurora sarda. Pittura quanto mai indovinata e adatta per una scuola, questa del Sassu, per i chiari intenti didattici ed educativi che si propone. L’artista, di antica origine ozierese, ha lasciato ad Ozieri, sulla facciata della Scuola Media «Grazia Deledda», una sua opera immortale.
(TONINO LEDDA)