Colle dei Cappuccini

Sul pendio meridionale d’uno degli otto colli, d’impari altezza, col loro manto color verde oscuro dei mandorli, olivi e lentischi e coi filari delle viti rigogliose, quasi a specchio della gioconda e fertile pianura del Su Campu s’innalza luminosa la città di OZIERI.
Balza ad anfiteatro su una vasta area irregolare in declivio, accentuata di scalinate ciottolose con bordi di granito.
Sulla punta di un colle ameno, di natura calcare, sorge un vecchio edificio, profilato nel grigiore dei cipressi ombrosi e secolari, su cui i venti sembrano ridestare tutte le memorie del tempo che fu.
E’ la raccolta chiesetta circonfusa di umiltà e l’ex convento dei frati cappuccini, adibito oggi ad ospedale civile e a ricovero di mendicità.
Gli ozieresi chiamano anche oggi quel colle col nome dei Cappuccini. E ben a ragione, perché ad esso sono legate glorie di un passato storico che fa onore alla città.

Vasto e splendido è il panorama che si offre allo sguardo dal piazzale, alboreggiato e cinto di parapetto.
Là in fondo una cresta di montagne; ai piedi un paesetto, Tula, in stupenda posizione panoramica ridente al sole; poi una ubertosa pianura con l’oblungo specchio d’acqua del bacino del Coghinas; il tricuspide Limbara e gli altri sette colli che quali fortezze nsspugnabili sembrano messi apposta per difendere la città.
Il colle di Monserrato, come stagliato nello sfondo azzurro del cielo. Alle falde le Grazie quale contrafforte per tenerne solida la base, e di fronte il cavernoso Carmelo.
Sulla sommità, nella pace romita, da secoli, vegliano vigili sentinelle, le omonime chiesette.
San Michele, San Leonardo, Punta Idda, Tramentu si affratellano e si stringono a semicerchio, con una cert’aria di familiarità, per cingere con forte e generoso amplesso, città ed abitanti.

Il 24 febbraio 1209, S. Francesco d’Assisi, ascoltando la messa in S. Maria degli Angeli, udì quel passo del Vangelo ove N. S. Gesù Cristo dice che i suoi discepoli dovevano andare a divulgare nel mondo la sua divina parola e che non dovevano portare nè oro, nè argento, nè denaro di sorta, nè borsa da viaggio, nè scarpe, né bastone.
Queste parole fecero eco nel cuore del Poverello perché corrispondenti pienamente alla sua intima vocazione; le interpretò come un preciso comando e si diede con tutte le sue forze a tradurle in atto.
Da quel fatidico giorno ebbe inizio la fondazione del suo serafico ordine.
La vita monastica da lui iniziata e seguita ben presto dai suoi compagni di fede, ebbe, dopo serie difficoltà, una prima approvazione dal papa Innocenzo III.
Tra i primi ordini francescani si annoverano i conventuali e gli osservanti. In seguito si ebbero delle notevoli riforme.

Una delle più importanti è stata l’istituzione dei cappuccini, iniziatasi nel 1525 da Matteo de’ Bassi, osservante di Montefalco, e dal suo confratello Luigi da Fossombrone.
Caratteristica dell’ ordine fu la stretta osservanza della regola di S. Francesco, la povertà, accoppiata ad una rigorosa disciplina che, fra l’altro, prescriveva la preghiera in coro a mezzanotte, la flagellazione, la rozzezza nel vestire, ecc.
Questo umilissimo ordine vanta numerosi santi, non pochi dignitari e celebri predicatori.
Verso il 1588 i Sassaresi si rivolsero al loro concittadino P. Ambrogio (n. 1550) che aveva indossato il saio cappuccino in Corsica, per ottenere dai superiori dell’Ordine l’erezione di un convento. L’arcivescovo de Lorca offrì la chiesa di S. Antonio e il municipio fece larghe promesse di aiuto. Avendo Sisto V accondisceso al voto comune della città, il generale nominò dodici religiosi, con a capo P. Zefirino da Bergamo, eletto commissario, per recarsi in Sardegna. A Sassari si stabilirono nel 1591, indi ad Iglesias, Ozieri, Alghero, Cagliari, e nell’esordio del 600 a Nulvi, Bolotona, Bosa, Oristano, Sanluri.

L’ordine dei cappuccini in origine formava una sola provincia, ma in virtù delle bolle di Papa Innocenza XII del 5 agosto 1693, fu divisa in due provincie. Attualmente la provincia dei PP. Cappuccini di Sardegna è unita a quella di Toscana con la quale ha comune il Commissario Provinciale.
Ad Ozieri, i Padri Cappuccini, per lunghi anni, ebbero abituale residenza fuori della città, alle falde di un promontorio in regione Su Redu.
Del vetusto convento non rimangono che tracce di ruderi pericolanti e di poca entità. Esiste solo, ancora in buon stato, l’umile chiesetta, ove i frati esplicavano la loro attività spirituale anche a beneficio dei fedeli che vi affluivano numerosi.
Sulle pareti della piccola chiesa, dedicata alla B. V. di Loreto, erano esposti alla venerazione dei visitatori gli artistici quadri della scuola di Raffaello, attualmente conservati nell’aula della chiesa cattedrale.
Nel 1593 gli umili figli del Poverello d’Assisi giudicarono opportuno abbandonare la prima residenza alquanto disagiata ed insalubre per stabilirsi ad Ozieri su di uno dei più ameni colli che circondano la città.
Il tutto desumesi anche da una iscrizione latina, incisa, a basso rilievo, sulla parte della loggia del chiosco dell’attuale convento.
LAURETANIS PATRIAE EDIBUS
IN QUIBUS OLIM
MINORITAE CAPPUCINI S. F. DIVERSABANTUR
OB NIMIAM COELI GRAVITATEM RELICTS
PHIL. II IBERIAE, IND. ET SARDAE GENTIS REGNATORE
SALUBRE HOCCE COENOBIUM
SUB SS. MM. COSMAE ET DAM. FAUSTISS. AUSPICIIS
EX PIORUM ELEMOSYNIS
IIDEM FF. MM. EREXERE
MDXCIII
Sotto il nome generico di leggi di incameramento si comprende quella serie di disposizioni dello Stato che soppresse gli ordini religiosi e gli enti ecclesiastici, spogliandoli dei loro beni, riducendoli in proprietà della camera, fisco e erario.
In Italia la prima legge di soppressione è quella piemontese contro i gesuiti, del 25 agosto 1848. Sei anni dopo Rattazzi e Cavour presentano al Parlamento un progetto di legge generale per la soppressione degli ordini religiosi nel regno di Sardegna, legge che venne promulgata il 29 maggio 1955.
In seguito a queste e successive disposizioni, il demanio si appropriò anche del convento dei padri cappuccini di Ozieri, con l’annessa chiesa, orto e vigneto.
La casa Borgia, antica stirpe catalana, nobile nel regno di Valenza, in Ispagna, era feconda di uomini straordinari, nei quali si ammirava bellezza, forza: intelligenza, abilità e quella energia del volere, che trae a sé la fortuna.
Vanta papi, cardinali, vescovi, duchi, marchesi, ecc. gran parte dei quali si distinsero per ingegno, mentre altri lasciarono di sé una infame celebrità.
Giovanni Borgia, figlio primogenito di Rodrigo e di Vannozza, donna romana della famiglia Colonna, creato duca di Candia e di Benevento, e conte di Terracina e di Pontecorvo, fu assassinato e gettato, di notte tempo, nel Tevere.
Tra i discendenti di Rodrigo si annovera la duchessa Donna Maria Anna Borgia, vedova del duca di Beyar e Mandas e sorella del duca di Gandia, Don Francesco Borgia di Lombay, morto senza prole.
Nel 1429 le incontrade di Monte-acuto, Anglona- Marghine, Osilo e Coghinas erano state concesse, con diploma del Re Alfonso, ai nobili di Centelles e da questi passati, per diritto di successione, alla casa Borgia.
L’erede D. Maria Anna il 24 novembre 1748 legava con testamento la somma di L. 62500 a favore del procuratore del collegio dei padri gesuiti per essere destinata alla fondazione di una missione in California.
Il 25 ottobre del 1767, dagli eredi della duchessa, fu dato un nuovo indirizzo al lascito. Anziché alla California, si dispose di destinare tal somma alla fondazione di un ospedale in Ozieri, che fornisse ricovero ed assistenza a tutti i vasalli infermi del ducato di Monte-acuto, del principato di Anglona, del marchesato di Marghine e del contado di Osilo e di Coghinas.
La commutazione del detto legato fu scritta al notaio Salvator Sotgiu De-Roma, nell’episcopio di Alghero, alla presenza di quel vescovo, Mons. Giuseppe Maria Incisa di Beccaria.

(GIO. BATTA DEMELAS – Ozieri 1936)